L’Artico è come sentire l’incantevole voce delle sirene che non cessa mai di richiamarti lassù, nel grande Nord
(Willie Knutsen, esploratore artico norvegese vissuto del secolo scorso)

Dal nostro corrispondente Michele Novaga

 

Negli ultimi anni la sua superficie ghiacciata si è ridotta ulteriormente. Secondo i dati della Nasa elaborati con il centro nazionale per l’analisi dei ghiacci e l’Università del Colorado, la calotta dell’Artico si è ridotta a 4,64 milioni di chilometri, valore mai raggiunto da quando sono iniziate le osservazioni satellitari a lungo termine, nel 1978. E secondo una ricerca condotta dall’Università del Wisconsin il riscaldamento di questo lembo di mondo circostante il Polo Nord, avrebbe ripercussioni sulle ondate di caldo e sulle alluvioni che si sono verificate negli ultimi mesi negli Stati Uniti.

Ma la difesa di uno degli ambienti naturali ancora non sfruttati dall’uomo (un tema che per il mondo dell’arte è sempre stata una provocazione costante), il pericolo incombente del riscaldamento globale e la sensibilizzazione verso i temi della sostenibilità sono tra gli argomenti attorno ai quali ruota la bellissima mostra proprio all’Artico dedicata e intitolata: “Artico. Ultima frontiera”, inaugurata lo scorso 8 febbraio e visitabile gratuitamente fino al 25 marzo alla Triennale di Milano.

 

60 fotografie in bianco e nero e di grande formato opera di tre maestri della fotografia di reportage – l’islandese Ragnar Axelsson, il danese Casten Egevang e l’italiano Paolo Solari Bozzi – le cui esplorazioni vertono sulla lotta contro le difficoltà dell’ambiente circostante e sul cambiamento climatico.

Al centro la vita della popolazione degli Inuit (che abbiamo sempre conosciuto come Esquimesi): 150.000 individui divisi tra Groenlandia, Siberia e Islanda costretti nella vita quotidiana ad affrontare le difficili condizioni di un ambiente ostile. Axelsson racconta di villaggi ormai scomparsi e di comunità oggi ridotte a due soli anziani che resistono all’interno della loro casa raccontando di mestieri che nessuno fa più. Ma dalle sue stampe emerge l’umanità che ha incontrato durante le sue peregrinazioni artiche, Egevang ne documenta la vita mentre Solari Bozzi la quotidianità di una popolazione che vive tra tradizioni ancestrali tramandate di generazione in generazione.

“In queste immagini – afferma Denis Curtis curatore della mostra – l’imminenza del riscaldamento globale si fa urgenza mentre si apre un confronto doloroso in cui l’uomo e le sue opere vengono inghiottiti dall’immensa potenza della natura. Bellezza e avversità sono i concetti su cui si fonda questo progetto, con una mostra che intende riportare l’attenzione sui paesaggi naturali e sulle tematiche ambientali dei nostri giorni”.

Tre sale con immagini volutamente stampate in bianco e nero per sottolinearne la bellezza, l’imponenza e l’importanza dei ghiacci e della loro presenza nel sistema terrestre. Foto che aiutano a riflettere sulla fragilità del patrimonio naturale globale che negli ultimi anni, frantumando ogni record, ci stiamo giocando. E questo nonostante i richiami sui rischi del riscaldamento globale che gli scienziati, dati alla mano, cercano di spiegare ai grandi decision maker del mondo. Che, come avvenuto in occasione della Conferenza di Parigi, reagiscono sì ma non sempre compatti. Tra chi ci crede e cerca di fare qualcosa e chi invece, tra spregio e sufficienza, nega l’esistenza del problema. Come se fosse un fake il fatto che la temperatura delle acque del Polo nord negli ultimi 80 anni sia aumentata di 0,7 gradi e che nel gennaio del 2016 per la prima volta si sia registrata una temperatura al di sopra degli 0 gradi centigradi.

Ad arricchire la narrazione della mostra tre documentari: “SILA and the Gatekeepers of the Arctic, realizzato dalla regista e fotografa svizzera corina Gamma; “Chasing Ice”, diretto dal giovane film-maker americano Jeff Orlowsky e “The last ice Hunters”, prodotto dal team sloveno Jure Breceljnik & Rozle Bregar.

A corollario anche una conferenza sul cambiamento climatico in programma il 27 febbraio alla presenza di scienziati, imprenditori, politici, professori (tra loro anche l’elvetico Thomas Stocker che interverrà sul tema della scoperta del ghiaccio più antico), che interagiranno tra loro sulle tematiche ambientali da diverse angolazioni.

 

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