Dal nostro corrispondente a Milano  Michele Novaga

Era stata annunciata in pompa magna da diverso tempo come un evento eccezionale. E in effetti “Frida Kahlo. Oltre il mito”, inaugurata lo scorso 1 di febbraio e che rimarrà aperta fino al 3 giugno 2018 al Mudec–Museo delle culture di Milano, è una mostra straordinaria.

In essa, infatti, si trovano riuniti per la prima volta in Italia tutte le opere provenienti dal Museo Dolores Olmedo di Città del Messico e della Jacques and Natasha Gelman Collection, le due più importanti e ampie collezioni di Frida Kahlo al mondo con opere inedite provenienti tra l’altro dall’archivio ritrovato di Casa Azul, la dimora dell’artista a città del Messico. Promossa dal comune di Milano e da 24 ORE Cultura del Gruppo 24 ORE che ne è il produttore, realizzata in collaborazione con l’Instituto Nacional de Bellas Artes del Governo della repubblica del Messico, la mostra è curata da Diego Sileo (storico dell’arte e curatore del PAC Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano) che durante la presentazione ha raccontato come l’idea di questa mostra meneghina sia nata proprio dall’enorme numero di eventi espositivi dedicati all’artista messicana nel mondo “Contrariamente a quanto appare, la leggenda che si è creata attorno alla vita dell’artista è spesso servita solo ad offuscare l’effettiva conoscenza della sua poetica”.

Nelle intenzioni degli organizzatori quindi non una ricerca che a volte si è dimostrata morbosa della sua problematica relazione con l’artista Diego Rivera, della sua malattia e della sua battaglia per diventare madre. “Nel migliore dei casi, la pittura di Frida Kahlo è stata interpretata come un semplice riflesso delle sue vicissitudini personali o come sintomo dei suoi conflitti e disequilibri interni. L’opera si è vista quindi radicalmente rimpiazzata dalla vita e l’artista irrimediabilmente ingoiata dal mito”. Di qui il titolo che nasce proprio per dimostrare che per analizzare l’opera di Frida Kahlo è necessario spingersi al di là della sua biografia.

Una rassegna quindi che, attraverso l’esposizione di 70 tele, più di 50 disegni e circa 150 fotografie, vuole evidenziare alcune tematiche importanti come la sofferenza vitale, la ricerca dell’io, la resilienza, l’interesse per la politica e la messicanità di Frida riassunte e declinate nelle quattro sezioni in cui è suddivisa la mostra.

L’esposizione, aperta da un’enorme installazione a tutta parete che reproduce il suo volto attraverso le lettere utilizzate per comporre e raccontare le fasi salienti della sua biografia, non è suddivisa cronologicamente. Ma in essa sono contenute tutte le sue opera più importanti. Da “La mia nutrice e io” in cui Frida appare già adulta durante l’allattamento da parte della nutrice, a “la Colonna spezzata” olio su tela realizzato nel 1944 quando le sue condizioni di salute la obbligarono a indossare un busto d’acciaio, da l’”Autoritratto con scimmia”, scelto come locandina della mostra, attrazione del museo di Buffalo e primo autoritratto realizzato su commissione, per l’allora direttore del Moma di New York, all’”Autoritratto alla frontiera tra il Messico e gli Stati Uniti” in cui la demarcazione culturale, economica, politica dei due paesi e sottolineata dalla differenza di vegetazione e di paesaggio.  Da “L’amoroso abbraccio dell’Universo, la Terra, Diego, io e il Signor Xòloti”, fino al celebre “Diego nella mia mente”, in cui Frida Kahlo, che appare vestita con un abito tradizionale messicano, ha sulla fronte scolpita la foto di Diego Rivera suo compagno, amico, collega, padre, mentore, figlio, marito e molto altro. Su un pannello, nella stessa sala, la frase pronunciata da Frida e riportata a caratteri cubitali “Ho subito due incidenti gravi della mia vita..Il primo è stato quando un tram mi ha travolto, il secondo è stato Diego” riassume meglio il concetto.

Tra i quadri non c’è però l’opera “Mi nascimiento” di proprietà della cantante Madonna. Al curator che gliela aveva chiesta per esporla al Mudec di Milano, Veronica Cicone ha risposto che, da questo quadro dipinto da Frida Kahlo nel 1933 e comprato insieme ad un altro autoritratto dell’artista messicana coi soldi di “Like a prayer”, lei non si separa.

Non mancano interessanti carrellate di fotografie che ritraggono Frida e Diego Rivera nel giardino della Casa Azul ma anche durante la manifestazione del primo Maggio e altre foto di famiglia che documentano la sua vita e la riprendono assieme ai suoi compagni di vita, di carriera, di strada. Ma sono soprattutto le 16 fotografie realizzate da Graciela Iturbide del bagno della Casa Azul a richiamare l’attenzione del visitatore con immagini di busti, protesi e grucce appese o appoggiate nella vasca di bagno insieme ad un manifesto con la foto di Stalin.

Imperdibile il video di qualche minuto a colori accompagnato dalla stupenda e dolcissima canzone “Diego e io” di Brunori Sas tratto dall’album “A casa tutto bene” in cui una tenerissima Frida tiene la mano a Diego, lo bacia guardando la telecamera con la timidezza e la soggezione di una bimba.

 


Per saperne di più sulla mostra a Milano:

http://www.mudec.it/ita/

 


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Hayden Herrera ha dato alle stampe (Neri Pozza editore) “Frida, una biografia di Frida Kahlo”. Ha saputo coniugare bene l’essenza profonda di Frida. Ha saputo restituire un’intimità travagliata, fuori dagli schemi e trasgressiva. L’autrice riesce a indagare in parallelo la storia della donna e la storia della pittrice, con il suo forte attaccamento al Messico e alla sua rivoluzione. Malata, senza la possibilità di muoversi, i quadri di Frida Kahlo sono perlopiù autoritratti e Hayden Herrera – la massima esperta di Frida Kahlo – spiega e descrive molto bene ogni suo dipinto. “Dipingo me stessa – disse Frida – perché passo molto tempo da sola e sono il soggetto che conosco meglio». Dopo che le fu rimosso il gesso riuscì a camminare, con dolori che sopportò per tutta la vita.

http://www.acpnet.org/frida-kahlo-forza-dirompente/

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